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Nel bicentenario della nascita di Dostoevskij

la Compagnia del Sole rende omaggio al maestro russo

con due nuove produzioni che hanno come protagonista Flavio Albanese

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NOTTI BIANCHE IN JAZZ
Concerto per un sognatore

 

da Notti bianche di F. M. Dostoevskij

 

Drammaturgia Marinella Anaclerio e Flavio Albanese

Regia, impianto scenico luci Marinella Anaclerio

Con Flavio Albanese e Loris Leoci

 

 

 Era una notte meravigliosa,

una di quelle notti come forse possono essercene

soltanto quando si è giovani

egregio lettore...

 

 

Una storia dedicata a tutti coloro che almeno per un attimo, nella loro vita, hanno vissuto il desiderio di poter fermare l'attimo... per sempre.

Sono notti particolari le notti bianche di Pietroburgo perché si confondono con il giorno e generano desideri, sogni, romanzi e racconti. Narreremo una storia d'amore fra un sognatore e il suo sogno. Questa bellissima avventura dura solo quattro notti. Quando la notte si confonde con il giorno anche i sogni si confondono con la realtà. Una storia dedicata a tutti coloro che almeno per un attimo, nella loro vita, hanno vissuto il Desiderio irrefrenabile di poter fermare l'attimo, per sempre, anche se questo attimo si rivelasse come un sogno. La prima notte bianca, il nostro sognatore incontra una ragazza in lacrime Nastenka. Desiderano incontrarsi ancora, ma lei chiede al nostro sognatore di mantenere una promessa: "non innamoratevi di me...". La seconda notte Nastenka racconta la sua buffa vita e quella di sua nonna, dice di trovarsi lì perché aspetta un uomo misterioso. Il sognatore le racconta com'è fragile e potente la vita di un sognatore. La terza notte piove, è una notte solitaria. La quarta notte bianca il sognatore non riesce a mantenere la promessa, si è innamorato del suo stesso sogno. Il desiderio sorpassa la realtà per pochi istanti. Tutto si dissolve una mattina. Una lettera ricorda al sognatore e al pubblico che sono già passati quindici anni. Ogni volta che sogniamo, Realtà e Desiderio si incontrano ma stringono un patto, a volte questo patto si rompe ma dura un solo attimo. Lo spettacolo è dedicato a quell'attimo di felicità.

 
IL GRANDE INQUISITORE
da I fratelli Karamazov di F. M. Dostoevskij

a cura di Marinella Anaclerio
con Flavio Albanese
 
…perché sei tornato? No, non rispondere!
Non hai il diritto di aggiungere niente a quello che hai già detto!
Quindici secoli fa hai messo tutto nelle nostre mani…
In questi quindici secoli siamo riusciti con grande fatica a sconfiggere
quella libertà che tu avevi regalato agli uomini e per la quale hanno tanto sofferto.
Ora che abbiamo conquistato il potere in Tuo nome
quella libertà sono venuti a deporla ai nostri piedi
chiedendoci di gestirla per loro
e ora più che mai si sono convinti di essere liberi.
Non ti permetterò di rovinare tutto!...

Il racconto è una delle analisi più lucide sul rapporto fra l’essere umano e il clero di tutte le religioni. L’essere umano ha sempre avuto bisogno di un intermediario per relazionarsi al divino e su questo bisogno si fondano e si  distruggono  tutte  le “chiese”.

La leggenda del grande inquisitore è uno dei capitoli più famosi all’interno del grande romanzo di Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, pubblicato in Russia nel 1880. Si tratta di un apologo, un racconto che Ivan Karamazov fa a suo fratello  Alesa Karamazov alla vigilia dell’assassinio del padre e della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con un originalissimo Diavolo.
Nella Spagna dell’inquisizione, tra i roghi degli eretici, appare un personaggio misterioso, forse proprio Gesù. La folla lo riconosce e comincia a chiedergli miracoli, lui resuscita una bambina, dona la vista ad un cieco, ma il vecchio inquisitore lo fa arrestare e portare in prigione. La sera i due si incontrano e l’inquisitore, forse in preda ad un delirio o forse no, gli spiega il motivo per cui lo metterà al rogo. Con estrema lucidità gli dice che la chiesa ha reso gli uomini felici, non lui, con la sua libertà.
La chiesa e il clero ha completato  meglio di lui la sua opera, l’uomo ha bisogno di qualcuno a cui inchinarsi, qualcuno da adorare. Gesù in definitiva ha chiesto all’uomo cose che lui, vile e pauroso, non può dare, l’uomo vuole il pane, non la libertà.
 
Dostoevskij in questo capitolo esprime la contrapposizione tra libertà e costrizione, tra fede nella vita e negazione di essa. Nella leggenda del grande inquisitore si esprime, un forte pessimismo per la condizione umana e anche  l’esigenza di una spietata sincerità.
Quando Nietzsche lesse Dostoevskij, l’impressione che ne ricavò fu fortissima. Arrivò a parlare dell’autore russo come di un ‘fratello di sangue’. Come se avesse riconosciuto in lui le sue stesse ossessioni. E forse addirittura qualcosa di più: ossia un certo stile di pensiero, per cui l’idea non è mai un’astrazione, ma sempre e soltanto una realtà incarnata, realtà vivente, realtà fatta persona

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